Io lo sapevo che non ci dovevo venire ma lei no, non c’è stato verso di convincerla. Eppure lo sa che non sono il tipo da fare certe cose, che sono fatto per la contemplazione e non per l’azione, tanta ispirazione e poca traspirazione. Lei lo sa ma, nonostante ciò, continua a propormi queste cose e io, quando le vedo quella particolare espressione, inizio a preoccuparmi ancora prima che inizi a dire qualcosa.
Questa volta si è avvicinata sorniona, con quel suo passo felino che assume con aria noncurante, facendo finta di pensare ad altro e ad un tratto mi dice:
“Ci sarebbe da fare un lavoretto, non so se ne hai voglia…”
Brivido.
“Ti ricordi quando siamo usciti l’altra sera e tu mi hai detto che stavo veramente bene?”
Tremore.
“Ma ti piaccio almeno un po’ o lo hai detto così tanto per dire qualcosa?”
Panico.
“Vieni, ti faccio vedere una cosa…”
Rassegnazione, depressione, scoraggiamento, fine dell’illusorio pomeriggio di pace, la guardo con gli occhi lucidi, il pianto represso a fatica e senza dire nulla mi avvicino e lei prosegue:
“Hai degli occhi stupendi quando mi pensi. E’ vero che mi pensi?”
Reprimo un improvviso istinto di fuga e mi rassegno alla nuova nefasta impresa e la seguo zampettante fuori dalla porta di casa, in fondo ai gradini.
“Guarda nel tombino, lo vedi quel luccichio in fondo in fondo? Ecco, è un mio orecchino, uno di quelli che indossavo l’altra sera e ti piacevano tanto. E’ successo che, rotolandomi nell’erba gatta, uno si è sganciato ed è rotolato fin qui. Tu che sei topo e ci passi, me lo potresti recuperare?”
Senza dire nulla rientro in casa e prendo l’attrezzatura per le attività speciali giurando a me stesso che non porterò mai più la gatta a vedere Mission Impossible.