Ecco una rara immagine di quando mi dedicavo alla curvatura dello spazio-tempo. Usavo uno strumento noto all’epoca come “palmare”, un oggetto dal peso ragguardevole, dimensioni imbarazzanti e funzioni mistiche che, talvolta, contemplavano lo scatto di una foto.
Naturalmente non si poteva parlare di fedeltà di immagine ma di libera interpretazione della realtà da parte dell’arnese infernale. Come potete constatare, non si è resa necessaria alcuna postproduzione perché tutto si è svolto automaticamente: dopo aver premuto il pulsante di scatto senti dire: “Mo’ ci penso..”; tu immagini quindi, che lo scatto, per definizione, sia una cosa istantanea o comunque breve ma succede che, se non assecondi l’infido strumento, saltano fuori queste prodezze geometriche per cui capisci che per curvare lo spazio occorre tempo.