Il temporale non sapeva di essere un temporale. Per lui il tempo normale era quello, non immaginava che potesse esserci qualcosa di diverso oltre al vento, la pioggia e l’umidità.
Fin da piccolo, quando era una giovane perturbazione di collina, era abituato a soffiare e spostarsi seguendo il vento nelle sue infinite peregrinazioni; a volte tornava più e più volte a bagnare le stesse terre come se non avesse fatto bene il proprio lavoro la prima volta e da queste ripetizioni imparava e cresceva prendendo sicurezza nelle proprie capacità.
Un giorno scoprì il tuono e si spaventò; per parecchio tempo si limitò a fornire una semplice pioggerellina per paura che si ripetesse quella roboante esperienza ma il vento, che la sa lunga, gli spiegò che per diventare grandi occorreva superare la Prova del Tuono.
Lui non voleva, piccolo come era. La sola idea lo sconquassava fin nelle nuvolette più piccole strizzandole di lacrime.
Poi venne un pomeriggio d’estate. Tutto era pace e frinire di cicale, il rumore del silenzio era assordante, il caldo lo alimentava e lo faceva crescere come mai gli era capitato fino a quel momento.
Il vento amico capì che era arrivato il momento giusto e iniziò a soffiare gentilmente ma con fermezza un’aria fresca fresca proprio nel mezzo dei grandi cumuli bianchi, rendendoli a poco a poco grigi come i vecchi lupi.
I cumuli si guardarono l’un l’altro sorpresi per questa trasformazione e capirono di essere diventati grandi; era arrivato i momento che capita sempre nella vita di un piccolo temporale e il grigio si trasformò in nero in un lampo e il lampo in tuono e il tuono in un susseguirsi di rimbombi pervadendo la campagna.
Il temporale non ebbe il tempo di spaventarsi. All’inizio si tappò le orecchie con un batuffolo di nuvola ma poi prese gusto a tutto quell’inebriante fragore pensando: “sono io che faccio tutto questo!”
E poi un momento di silenzio, ma solo un attimo, in cui tutto si fermò. Poi fu la pioggia che divenne protagonista alleggerendo le fatiche delle nuvole squassate dal vento e furono le risate sincere di un giovane temporale che salutarono l’arrivo dell’arcobaleno, come un premio per essere stato bravo.