Prosciutto di Praga al forno

Le storie di famiglia a volte si incrociano con quelle del cibo e certi piatti diventano per incanto una tradizione e portano con se i ricordi. Uno di questi ha una storia inconsueta e nasce da lontano, nel tempo e nello spazio tanto da diventare una favola da raccontare.

C’era una volta uno zio d’America, uno come tanti hanno avuto, vista l’emigrazione verso il Nuovo Mondo e anche io posso dire di averlo avuto nella figura di un fratello della nonna. Naturalmente lei ha avuto altri fratelli e sorelle gironzoloni ma lui, in particolare, è stato quello che ha dato inizio a questa storia gastronomica un’estate di tanti anni fa.

Lo Zione, chef in un ristorante dalle parti di New York, un giorno tornò in Italia in compagnia della moglie e di un prosciutto. Si. Un prosciutto e un’idea. La nonna già sapeva che avrebbe avuto di che preoccuparsi ma era tanta la gioia di avere il fratello vicino che il brivido durò solo un istante. Io ero piccolo ma vedevo un grande trambusto intorno a me alla ricerca di ingredienti di cui in casa nostra, nei primi anni’60, non si conosceva neanche il nome tanto erano foresti.

Questo fu l’inizio e dopo quello passarono molti anni prima che la Ricetta, custodita tra le gioie di famiglia, potesse rivedere l’aria e assaporare i profumi della cottura. Il merito di questa nuova vita fu la Scoperta Del Secolo, fatta in una salumeria nel centro di Trieste,in occasione della consueta visita alla nonna (l’altra nonna): un prosciutto di Praga affumicato esattamente come richiesto dalla Ricetta Dello Zio.

Ecco, è andata così che uno chef genovese d’America, un prosciutto triestino con il nome di Praga e una cuoca genovese hanno dato vita a una tradizione che perdura da almeno quaranta anni.

Io e il mondo

Vorrei raccontarvi un episodio capitatomi, per far capire il mio bizzarro rapporto con il mondo: questa mattina ho fatto un po’ di spesa al supermercato, giusto per tenermi in esercizio; al termine, visto che c’era una coda infinita ai caselli (le casse) ho pensato di servirmi di quelle automatiche, avendo solo una manciata di pezzi da pagare. Naturalmente, per cinque pezzi ho fatto intervenire due volte l’inserviente: una perché avevo fatto un gesto non previsto dal macchinario e l’altra perché era andato in confusione tant’è che ha dovuto resettare.

Ma non mi sono scomposto, ho messo tutto nel sacchetto di plastica portato da casa e mi sono avviato verso l’uscita con la modalità della mente impostata su “mi faccio gli affari miei, tanto il mondo gira anche senza che lo sorvegli”. Qui il sistema ha congiurato contro di me impedendomi di oltrepassare la sbarra. Intendiamoci, non mi sono accartocciato contro la sbarra perché viaggiavo alla velocità di un bradipo ma, non contento del primo rifiuto, ho tentato una seconda volta di uscire afferrando il vile metallo della porta come si brandisce la Durlindana. Ma niente da fare.

Poi, dietro di me, arriva un signore dotato di sorriso gentile e un aspetto decisamente poco italico che una prima ricognizione visiva mi ha fatto inquadrare come extracomunitario. La lingua parlata con l’amico, in effetti non era molto altoatesina, anzi, sicuramente molto diffusa nel Maghreb. Ma a parte queste considerazioni geografiche, il gentile signore, con un terribile accento, mi dice: “Vada, apro io!”. E, così dicendo, avvicina il proprio scontrino al sensore ottico posto su un paletto a fianco della porta di uscita. Questa si apre e lui prosegue: “Naturalmente, se lei ha pagato…”. Capisco che a questo punto la cosa possa sembrare un tantino surreale ma, con aria assolutamente compunta, è stato mio dovere mostrargli il mio scontrino che, per fortuna, ha garantito per me, noto taccheggiatore di supermercati.

Il signore si è dimostrato soddisfatto e mi ha anche spiegato in un italiano terrificante ma comprensibile, che sullo scontrino c’è un codice a barre e che, presentandolo al preposto lettore, attiva il sistema di uscita. Ho ringraziato ancora il mio salvatore e proferito ancora alcune frasi di circostanza mentre insieme ci allontanavamo dal luogo infernale; lui sempre sorridente si è rimesso a parlare in arabo al suo amico e io a interrogarmi sulle mie capacità.