Fermata d’autobus

Fermata autobusCherie lo incontrò al termine del suo spettacolo, un tipo interessante, spavaldo, sicuramente rude ma con un sorriso che fa sparire ogni cosa nella stanza. Quando le si avvicinò, lei gli chiese: “Ehi, come ti chiami?” (non si capisce perché la domanda dovesse essere preceduta da “ehi” ma così fu e concediamo a lei, bella come il sole al tramonto, un momento di imbarazzo lessicale).

Lui, cotto come una pera dai modi sinuosi e provocanti di lei, rispose: “Bo”. Questo lasciò lei in evidente stato di perplessità, domandandosi per quale bizzarro caso della vita una persona non fosse a conoscenza del proprio nome; ci pensò su e quello che immaginò non le piacque. Allora scappò prendendo il primo autobus a caso, diretto chissà dove ma, nella speranza, lontano da quel personaggio alla ricerca di sé e della propria identità.

A nulla valse la corsa che fece perché lui, con due passi la raggiunse e salì a bordo proprio nell’istante in cui il mezzo partì. La storia poi narra di un sereno chiarimento tra i due ma ricorda, all’inizio, il dialogo tra Ulisse e Polifemo quando questi chiese a Ulisse: “Come ti chiami?” (all’epoca non si diceva “ehi”) che rispose: “Nessuno”.

Ecco: Cherie, per fortuna, non fu costretta a rispondere alla domanda dell’autista: “Chi ti sta inseguendo?” con un “Bo”.

 

L’armadio dei sogni

Armadio-Interpretazione-dei-sogniNella casa in campagna c’è un vecchio armadio che non apre mai nessuno e che resiste indifferente al passare del tempo. Sta lì nella penombra di una stanza piena di cose vuote accatastate l’una sull’altra e subito dimenticate da chi, non avendo il coraggio di buttarle via, le lascia in quel luogo.

Quando posso, mi infilo in quella stanza polverosa e, senza badare agli oggetti che soffrendo di solitudine fanno di tutto per attirare la mia attenzione rotolandomi addosso, mi dirigo verso l’armadio e dischiudo lentamente le ante di legno. Contrariamente a quanto si possa immaginare, queste si aprono silenziosamente come se i cardini fossero oliati e mantenuti in buono stato e non si accorgessero del peso delle assi di quercia. Continua a leggere L’armadio dei sogni

Dio minore

E a un dio senza senso dell’umorismo non credere mai. Ne ho incontrato uno, un dio minore e abbastanza timido, in lui avrei creduto senza perdere la ragione. Puzzavo di latte e fango e per maestre di vita avevo le croste alle ginocchia. Con la mia cerbottana avrei sconfitto il mondo per lui ma ci perdemmo sotto una luna distratta, neanche il tempo di crescere insieme e bere birra fino a raccontarci l’anima. Chissà se gli dei minori crescono come gli uomini. In fondo, penso di essere rimasto un po’ bambino per aspettare lui. Era bello giocare insieme e lui giocava da dio. Io ero invidioso però mi spiegava le cose e con questo si faceva perdonare. Mi ha insegnato la bellezza delle scelte, il pensiero diverso, il senso del mondo. E, scomparendo, mi ha insegnato che, a volte, perdere un dio è una cosa meravigliosa perché si trova se stessi.