Missione Impossibile

Missione impossibileIo lo sapevo che non ci dovevo venire ma lei no, non c’è stato verso di convincerla. Eppure lo sa che non sono il tipo da fare certe cose, che sono fatto per la contemplazione e non per l’azione, tanta ispirazione e poca traspirazione. Lei lo sa ma, nonostante ciò, continua a propormi queste cose e io, quando le vedo quella particolare espressione, inizio a preoccuparmi ancora prima che inizi a dire qualcosa.

Questa volta si è avvicinata sorniona, con quel suo passo felino che assume con aria noncurante, facendo finta di pensare ad altro e ad un tratto mi dice:

“Ci sarebbe da fare un lavoretto, non so se ne hai voglia…”

Brivido.

“Ti ricordi quando siamo usciti l’altra sera e tu mi hai detto che stavo veramente bene?”

Tremore.

“Ma ti piaccio almeno un po’ o lo hai detto così tanto per dire qualcosa?”

Panico.

“Vieni, ti faccio vedere una cosa…”

Rassegnazione, depressione, scoraggiamento, fine dell’illusorio pomeriggio di pace, la guardo con gli occhi lucidi, il pianto represso a fatica e senza dire nulla mi avvicino e lei prosegue:

“Hai degli occhi stupendi quando mi pensi. E’ vero che mi pensi?”

Reprimo un improvviso istinto di fuga e mi rassegno alla nuova nefasta impresa e la seguo zampettante fuori dalla porta di casa, in fondo ai gradini.

“Guarda nel tombino, lo vedi quel luccichio in fondo in fondo? Ecco, è un mio orecchino, uno di quelli che indossavo l’altra sera e ti piacevano tanto. E’ successo che, rotolandomi nell’erba gatta, uno si è sganciato ed è rotolato fin qui. Tu che sei topo e ci passi, me lo potresti recuperare?”

Senza dire nulla rientro in casa e prendo l’attrezzatura per le attività  speciali giurando a me stesso che non porterò mai più la gatta a vedere Mission Impossible.

L’uomo che ascolta i sogni

L'uomo che ascolta i sogniL’Uomo che ascolta i sogni si svegliò che era ancora buio con un nuovo pensiero regalatogli dalla notte: era un pensiero che profumava di mosto e legna arsa. Finalmente si è levato il Vento di Mezzanotte, pensò l’uomo chiudendo nuovamente gli occhi per non perdere l’immagine appena creata, un gesto abituale per fare sua un’idea catturata in quel mondo ineffabile al di là dei sensi che una mente allenata riesce a districare dal rumore dei mille pensieri.

Il sogno è una perla da cogliere, non importa se sia premonizione o suggestione, se combini esperienze e desideri del sognatore e l’Uomo che ascolta i sogni è un attento raccoglitore di perle; ha iniziato da piccolo con le fantasie da bambino e negli anni ha scoperto che il Vento di Mezzanotte, quando entra nella camera durante la mezza stagione porta con sé le storie migliori.

Così, insieme al mosto arrivò anche l’immagine di una vecchia cantina, i tini ripieni, i fiaschi allineati le damigiane impagliate, la cantabruna che attende paziente il suo momento. E il vento portò anche una voce di donna che canta e il sorriso del vecchio che la stava ad ascoltare rapito sognando di spillare il mosto con lei.

“Andrea, è pronto, vieni!”. Il canto si interrompe, sostituito dalla voce squillante che distoglie il vecchio dalle proprie fantasie e lo riporta al motivo per cui era sceso in cantina: prende una bottiglia particolare, affidando la scelta alla mano e all’istinto e risale in cucina dove ad attenderlo è un profumo di farina e uova reso leggermente acre dall’odore del ronfò acceso. A tratti si avvertiva anche un prorompente profumo del tocco che boffonchiava nella terracotta da ore.

Il vecchio prese una sedia impagliata sua coetanea e, sedendosi lentamente, iniziò a occuparsi della bottiglia, coccolandola e preparandola a essere stappata, come se per le bottiglie questo costituisse un trauma. Il cavatappi fu delicato col sughero e il piccolo suono che produsse fece voltare la signora che si sedette vicino al vecchio asciugandosi le mani nel grembiule.

Lui riempì due bicchieri con gesto lento, osservando il vino rubino che formava mulinelli scendendo. Porse un bicchiere alla Signora che canta incrociandone lo sguardo e insieme bevvero un sorso mentre l’Uomo che ascolta i sogni riaprì gli occhi e sorrise.

Il topo

Il topoSto ricevendo grandi soddisfazioni e messaggi di stima in merito al mio recente Studio sul Topo Marsicano nella cultura dominante abruzzese. Ad Avezzano verrà allestita una mostra stabile, successivamente itinerante, della quale il simpatico roditore sarà il protagonista e comparirà nelle sue ormai famose 512 espressioni di giubilo e derisione che tanto care sono alla popolazione locale.

Come è noto a tutti il Topo Marsicano possiede una facoltà particolare, maturata nel corso di lunghi anni di inseguimenti e fughe durante le quali, improvvisamente, si ferma e, rizzandosi sulle zampe posteriori, lancia uno sguardo beffardo all’inseguitore assumendo di volta in volta una delle tradizionali 512 posizioni.

L’inseguitore, stupito da un tale ardito comportamento del fuggitivo non riesce a far altro che fissarlo sgomento con un’espressione che generalmente vorrebbe dire: “ma sei scemo?”. La tecnica del Topo è però talmente evoluta che l’inseguitore non riesce ad approfittare dell’apparente vantaggio anzi, è proprio in quell’istante che le cose si mettono bene per l’inseguito che senza indugio si dilegua.

Il mio personale contributo epistemologico alla conoscenza e alla divulgazione di questo meraviglioso rapporto tra predatore e preda è consistito nella raccolta e classificazione delle immagini relative alle 512 espressioni del Topo. Abbiamo così in mostra alcune strepitose fotografie dello zampettante fuggitivo nell’atto del dileggio e altre immagini a carboncino realizzate impiegando le più avanzate tecniche di identikit mutuate direttamente da CSI.

In una sala separata saranno inoltre esposte le 50 immagini relative ad un singolo episodio ripreso con apparecchiature stroboscopiche nelle quali è ben visibile l’evento: la trasformazione dalla posizione di fuga al congelamento del corpo; in particolare, osservando attentamente il muso del roditore, è possibile leggervi chiaramente il labiale intuendo senza alcun dubbio la tipica frase: “Ngul a mammeta!”