Quando si guarda un’immagine, una fotografia, l’occhio va subito alla ricerca del soggetto, l’attenzione è rapita dall’azione congelata nello scatto; è un fatto istintivo e su ciò si basano tante regole di composizione che vengono insegnate nei corsi di fotografia.
Ultimamente però ho iniziato un po’ casualmente a guardare oltre ed intorno al soggetto; ho scoperto cose sorprendenti nella loro apparente normalità, cose che erano lì da sempre e che erano passate inosservate: le espressioni di persone in secondo piano, persone riflesse in uno specchio in cui si rivelavano in modo più intimo, meno studiato delle pose assunte nella ‘vera’ foto.
Inoltre l’ambiente, la disposizione del contorno, gli oggetti presenti, ci parlano di come è fatta la realtà: ho una foto, scattata a Bombay in casa di amici, in cui fino a poco fa credevo di essere il soggetto: sono al centro della scena, guardo l’obiettivo e tutto intorno vi è un contorno di persone, oggetti e attività.
Se però mi escludo dalla fotografia, l’immagine che resta assume un significato diverso, più profondo; racconta la storia di una famiglia modesta ma dignitosa che secondo le tradizioni fa sedere l’ospite, ancorché per terra, su stuoie, vicino ai piatti in cui è servito il cibo, al suo fianco sta il capo famiglia che intrattiene l’ospite, più defilato si accomoda il fratello. In ultimo piano c’è la moglie che, se non fosse stato per una mia richiesta di averla con noi, si sarebbe eclissata in cucina a mangiare da sola. I bambini erano un po’ accoccolati qua e là non avendo un posto preciso in questa gerarchia alimentare.
C’era ansia ed aspettativa in quella casa quando sono entrato; io mi consideravo un semplice viaggiatore e mi ritenevo straordinariamente fortunato ad aver ricevuto quell’invito a cena che mi consentiva di vivere il mio soggiorno in modo più ricco. Dopo aver scorrazzato per giorni per Bombay, parlando tra noi con il nostro inglese terribilmente diverso, uno imparato in Italia e l’altro storpiato da una pronuncia influenzata dall’Indi (spesso dicevamo la stessa cosa ma con suoni assolutamente diversi), è arrivato l’invito a cena: offerta proferita timidamente, la sua, ma che ho accettato con gioia.
Sua moglie deve averlo amorevolmente strapazzato per il pensiero di avere un occidentale in casa; si sarà detta: – E ora che cosa gli preparo?! Un pensiero comune a tutte le mogli del mondo. Io ho mangiato i loro piatti di un giorno di festa, con le mani e seduto per terra.
Ero al quarto piano di un condominio grigio senza ascensore, le scale strette e buie percorse, salendo, in mezzo a grida di bambini, musiche di film di Bollywood, profumi di spezie, telegiornali raccontati in una lingua sconosciuta ed armoniosa. L’appartamento, piccolo ed essenziale, mi ha accolto come un re e, nonostante la recente conoscenza, sono stato considerato come un amico vivendo una serata straordinaria.
Tutto ciò non può essere espresso in una fotografia ma, se togli il soggetto e guardi con il cuore, puoi vedere il mondo.