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 L’edizione in E-book del libro in vendita 

Copertina del libroCerte sere non dovrebbero mai arrivare e invece te le trovi davanti che reclamano prepotentemente tutta la tua attenzione, ti svuotano la mente e ti precipitano nell’unico pensiero di cui sono capaci. Stasera è uno di questi momenti e non posso sottrarmi dicendo che certe cose capitano solo agli altri esorcizzando così la paura che capitino proprio a me…

 

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Il Blog e i Racconti di Tipperary

La penna

 

Cappelletti in brodo

Cappelletti in brodoQuando in casa si preparavano i cappelletti significava che si avvicinava la festa. Ormai associo a questo nome strambo un rito antico che si svolgeva in enormi cucine tra madie e tavoli di marmo dei quali superavo a stento l’altezza, ma abbastanza per osservare in volo radente la sfoglia che diventava cappelletto con un gesto elegante e allora misterioso.

Ora quando li preparo mi vengono in mente quei gesti e quasi ricordo mia nonna cantare sotto voce mentre si dedicava alla sua arte. Chissà, forse l’ingrediente segreto è l’allegria di chi cucina. Prendo 3 etti di petto di cappone, li pulisco e taglio in piccoli pezzi  per farli cuocere in padella con olio e poco sale e una volta pronti li metto nel mixer insieme a 2 etti e mezzo di prosciutto crudo.

Aggiungo quindi un cucchiaio da cucina di parmigiano reggiano, una spolverata di noce moscata, un uovo e “una punta” di sale. Parte così la preparazione del ripieno che diventa morbido e omogeneo.

A questo punto la sfoglia. L’impasto è quello solito, fatto con 5 uova e 5 etti di farina. Stendo la sfoglia e mi procuro un bicchiere dal bordo sottile con cui inciderla per ricavare i tondini di pasta. Ricordo quello che ho letto sul libro di Pellegrino Artusi. Dice che il diametro deve essere di 67 millimetri. Il mio bicchiere di 5 centimetri si è rivelato comunque all’altezza della situazione.

Con la punta di un cucchiaino prendo un po’ di ripieno e lo posiziono nel centro del dischetto che, dopo averlo piegato a metà, avvolgo attorno al dito mignolo per darli la forma giusta. Occorre pazienza, ma il risultato ripaga del lavoro certosino.

Il brodo, fatto con carne e petto di pollo, crea l’ambiente adatto per la cottura ed esalta la fragranza della pasta e del ripieno.

In tavola, il piatto caldo è accompagnato dal vino. Questa volta, un ardito abbinamento con uno Chablis.

Mangiare o non mangiare

MangiareMangiare, o non mangiare, questo è il problema:
se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di forchetta e spiedi d’atroce cottura
o prender posate contro un mare di portate
e, opponendosi, por loro fine? Assaggiare, gustare…
nient’altro, e con un desio dire che poniamo fine
al dolor del ventre e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognar le tavole. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di bramosia quali tavole imbandite possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio di concupiscenza
Ciò deve farci riflettere. E degustare.