Marlin

Marlin è uno che viene da lontano. Ci siamo incontrati un giorno a tavola, invitati dallo stesso amico e trovati così, per caso, l’uno di fronte all’altro. Dopo un momento di silenzio ha iniziato a raccontare le storie dell’oceano: acque fredde, correnti vigorose e barche d’altura che salpano da Capoverde per affrontare il vento; uomini rudi avvezzi a manovrare legni, cime e reti. Il loro incontro è avvenuto a ridosso di Sào Nicolau appena oltre le secche in un primo pomeriggio assolato e solo a sera Marlin è salito a bordo con loro. Gli uomini esausti hanno poi acceso un fuoco con legni speciali, messi da parte per l’occasione e dai quali si è sprigionato un fumo denso e aromatico che ha avvolto e inebriato Marlin.

 Ora, su questa tavola, si presenta rilassato,comodamente adagiato sul letto di cetrioli tagliati fini e irrorato d’olio di oliva di una terra a lui lontana. Ride di gusto quando uno spruzzo di limone lo investe e risponde spandendo un profumo dolceamaro che ricorda il ginepro. Tra poco tornerà a nuotare in una bianchetta genovese profumata e leggera.

Verdure ripiene

Preparare le verdure ripiene al forno è una cosa che mi viene bene il sabato mattina. Sarà la tranquillità alimentata dalla golosità. Questa volta preparo solo zucchini e cipolle bianche, quelle rotonde, non quelle schiacciate: uno zucchino e una cipolla a testa dovrebbe essere la regola, ma visto che le regole devono essere infrante, ho preso 10 zucchini e altrettante cipolle.

Taglio gli zucchini in quattro per il verso lungo e poi a metà in modo da ottene otto barchette. Pulisco le cipolle e le taglio in due in senso verticale. In un pentolone metto a sbollentare per 15 minuti prima gli zucchini e poi le cipolle, salando l’acqua con un cucchiaio da minestra colmo.

Intanto mi occupo del ripieno. Prendo un etto di mortadella profumata e tagliata in un solo pezzo, due etti di prosciutto (anche il fondo va bene), 5 uova e una ‘punta’ di sale (come avrebbe detto la Nonna intendendo meno di mezzo cucchiaino da tè) per ogni uovo e verso tutto nel frullatore. Aggiungo un cucchiaio di parmigiano grattugiato per ogni uovo, mezzo cucchiaio di maggiorana, tre cucchiai colmi di pane grattugiato e due cucchiai di latte.

Mentre penso di essere Harry Potter a lezione di pozioni, avvio il frullatore e convinco il contenuto a diventare un impasto fine ed omogeneo. Verso il contenuto del frullatore in una terrina e faccio spazio per la carne già macinata (un po’ più di 7 etti) che ha bisogno solo di un ulteriore raffinamento.

Unisco tutto nella terrina aggiungendo il cuore degli zucchini che ho provveduto a scavare dopo il breve passaggio nell’acqua bollente. Amalgamo il ripieno e solo ora riesco a sentire un po’ di musica senza la colonna sonora del frullatore.

E’ arrivato il momento di gloria dei tegami. Li cospargo con un filo d’olio e inizio a disporre gli zucchini in un intreccio fitto, uno accanto all’altro e li riempio con il ripieno usando un cucchiaino da tè. Al termine cospargo metodicamente il tutto con un lieve velo di pane grattugiato e aspergo con un filo di olio senza trascurare nessuna verdura,  completando l’opera con una spruzzata di sale.

Il tegame è pronto per il forno che lo accoglie caloroso. Stessa sorte tocca alle cipolle che però subiscono un trattamento di favore: le mezze cipolle prima di essere posate nel tegame vengono sfogliate in modo da ricavarne diverse barchette di dimensione giusta per contenere il ripieno.

La cottura ha inizio, la musica sembra più felice e pare chiedermi: – “Quanto tempo devono cuocere in forno ?”

Rispondo con le parole di mia nonna: “Quando saranno pronte lo capirai”.

Amiche

C’era una volta una coppia di tazzine da caffè, nate insieme come spesso accade nel mondo e finite nella vetrina di un piccolo negozio del sud in riva al mare. A differenza di molte altre colleghe, non erano particolarmente appariscenti ma possedevano un fascino discreto che le distingueva dalle altre ceramiche del negozio. Si chiamavano Tilly e Potty ma nessuno guardandole ha mai saputo distinguerle.

E’ forse per questo motivo che due ragazze in vacanza le vollero per sé e le comprarono in un assolato pomeriggio di luglio, portandole poi nella loro casa comune al ritorno dalla vacanza. Da quel momento, per le due iniziò un periodo di vita tutto sommato abitudinario, consumato attraverso i consueti riti delle colazioni e del caffè preso dopo pranzo. Le uniche ventate di novità erano costituite dall’occasionale cambio di detersivo o dalla marca di caffè usata.

Tutto questo, giorno dopo giorno, finché le due ragazze si separarono, portate lontano dalle cose della vita, decidendo ognuna di portare con se una tazzina come ricordo. Questo fatto, sebbene importante per gli esseri umani, fu un trauma per le due tazzine che ormai si consideravano sorelle inseparabili. Il giorno della partenza di Tilly costituì per loro un momento di nuova consapevolezza, una rinascita: scoprirono di poter comunicare tra loro nonostante la distanza andasse via via aumentando e, col procedere di questa nuova coscienza, presero a parlarsi come raramente avevano fatto quando erano una accanto all’altra.

Si raccontarono della nuova casa, delle altre colleghe di cucina con cui Tilly era capitata; il suo nuovo mondo era così popolato da bicchieri lucenti tutti impettiti e fieri della propria brillantezza, dalla teiera cicciottella che inventava favole per le tazzine da tè e da un’infinità di altri personaggi tutti da scoprire. Questi racconti facevano sentire meno sola Potty che si doveva accontentare della vita tranquilla di sempre.

Un giorno Tilly perse il proprio piattino. Non si sa come successe, forse uno dei soliti banali incidenti che succedono nelle case. La ragazza, ormai donna si fermò a guardare la scena e una lacrima le scese dagli occhi per il dispiacere di aver rotto un vecchio ricordo; Tilly, sorpresa dal frastuono capì subito cosa fosse capitato e raccolse d’istinto quella lacrima facendola propria.

In quell’istante Potty si svegliò e, scossa da un lungo brivido, capì quello che era successo. Sulle prime sembrava che la cosa non avesse avuto altre conseguenze, ma la mattina dopo le due amiche si svegliarono alla stessa ora e, compiendo gli stessi gesti assonnati, si ritrovarono in cucina a preparare il caffè. Lo versarono contemporaneamente, mescolandolo adagio e, col medesimo gesto, si portarono la tazzina alle labbra.

Dopo un lieve soffio dato sopra pensiero al caffè fumante, bevvero insieme il primo sorso e improvvisamente nelle loro teste si accavallarono pensieri in parte estranei e in parte familiari: voci, ricordi, colori, dolori e sorrisi. Le due amiche si erano ritrovate e da quel momento ebbero un modo in più per stare insieme mentre Tilly e Potty trovarono felici una nuova ragione di vita.

Questa storia me l’ha raccontata una zuccheriera mia amica con la quale sono entrato in confidenza, diventando il suo cucchiaino preferito. Mi ha detto che viene tramandata a tutti i nuovi abitanti della credenza dalla ceramica più anziana per renderli parte della nuova famiglia e mi ha colpito particolarmente perché io, nato in un servizio da dodici cucchiaini schiamazzanti e dispettosi, non ho mai vissuto momenti particolarmente tristi.

Ora però, avendo acquisito con gli anni una certa maturità, inizio a spiegarmi come mai io riesca a sentire piccoli gridolini quando qualche mio fratello viene immerso in un liquido particolarmente caldo o freddo. Ma questa è un’altra storia e ora vi lascio perché insieme ai miei fratelli andiamo tutti a giocare nel parco acquatico.

La signora, riempita la vaschetta di detersivo, chiuse lo sportello, impostò il programma e, acceso l’apparecchio, si allontanò canticchiando. Bella invenzione la lavastoviglie!