La Luna bussò alle porte del buio. Rispose Venere che, scendendo dal letto in pigiama, diede una pedata al comodino vedendo le stelle. Vide la Luna e subito le andò di traverso. Le due si guardarono attraverso il tempo per un attimo cosmico e Venere disse: “Non abbiamo bisogno di nulla!” e se ne andò altera, bella come una dea assonnata.
Allora la Luna bussò nel sogno di un passante. Rispose il bambino che era in lui e gli occhi pieni di meraviglia la fecero innamorare. Divenne piena anche al primo quarto e illuminò la strada del viandante.
E poi…
e poi il viandante versò una lacrima: mai la Luna gli era stata gentile, ma quella sera lei vide in lui l’oscurità, e gli donò la luce.
Nel tempo si accorse che la luce era già in lui e la Luna fece solo la magia di fargliela scoprire.
Così il viandante sigillò la luce nel suo cuore come un gioiello nello scrigno: gli avrebbe tenuto compagnia durante il cammino.
E il bambino, la donna, il vecchio e tutte le parti della sua anima si risvegliarono nella luce. Tutte insieme iniziarono a parlarsi, a dirsi le cose che erano finite infrattate nei recessi più scuri della mente. Fu uno scoppio di serenità. Alcuni la chiamano illuminazione.
E come pezzi di specchio infranto, l’anima si ricompose, riflettendo per sempre la sua gioia, pur non nascondendo le ombre: perché, si sa, la Luna conosce ogni segreto e sa sempre come indicare il cammino.