Quando chiedevo a mia nonna come si facesse un certo piatto lei regolarmente mi rispondeva:
“Si fa”.
Intendendo dire che si trattava di ricetta semplice e che quasi si “sarebbe fatta” da sola.
Ma per me, da ragazzo, quel “si fa” insieme alle indicazioni quasi alchimistiche delle dosi ed ai gesti esoterici per combinare gli ingredienti, rappresentava un mondo affascinante e misterioso.
Mi diceva: – Non pensare alla ricetta e alle dosi, ma concentrati e immagina il piatto finito. I gesti verranno spontanei e alla fine il piatto si compirà senza che te ne sia accorto.
Ora, a distanza di tanti anni e rivivendo quei gesti e quelle parole, ho più l’impressione di aver vissuto con un maestro Zen piuttosto che con una grande cuoca tosco-emiliana; ma penso che avesse ragione lei: dopo anni di esercizio quotidiano la sua cucina era diventata poesia e i gesti, ridotti all’essenziale, una forma d’arte che ora so apprezzare.